Prima di parlare di QiQong vorrei fare un'ulteriore premessa che rientra certamente in quel mondo di chiacchere su cui spesso i praticanti di stili interni cinesi si dilungano prima della pratica, ma che reputo necessarie perché il taiji, come gli stili interni e il qiqong, non possono essere mai completamete separati dai principi teorici (filosofici e medici) da cui derivano:
Questo è un articolo, inerente il taiji, che trovo interessante e che potrebbe innescare diverse idee.
IL ROBOT NELL’UOMO – parte seconda: LA QUALITA’ DEL MOVIMENTO264. L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di ciò che l’uccide, dal momento che egli sa di morire e il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo non sa nulla. Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. È in virtù di esso che dobbiamo elevarci, e non nello spazio e nella durata che non sapremmo riempire. Lavoriamo dunque a ben pensare: ecco il principio della morale.
Blaise Pascal, Pensées; ed. It. Bompiani. 2000E dunque
dumai e
renmai appartengono alla classe dei meridiani straordinari, i quali non sono direttamente collegati ad organi, (ad eccezione del rene, da cui si originano). Vengono denominati rispettivamente Vaso Governatore (o canale di controllo) – dumai- e Vaso Concezione (o canale di funzione) -renmai-, e presiedono al tipo più diffuso di circolazione del soffio, quello ad anello chiuso, che attraversa, ad esclusione degli arti, il dorso e la parte anteriore del corpo, dal carattere rispettivamente yang e yin. La circolazione ad anello viene chiamata dagli alchimisti «piccola rivoluzione celeste» e dumai è detto anche «mare dei meridiani yang» e renmai «mare dei meridiani yin».
Secondo alcuni autori questi canali straordinari sono tra i primi a formarsi dopo il concepimento e sono il risultato dell’iniziale divisione cellulare.
L’esistenza dei meridiani corporei venne dimostrata nella prima metà del XX secolo dai ricercatori francesi Pierre de Vernejoul e Claude Darras, che iniettarono un radio isotopo, il tecnezio radiattivo, nell’agopunto KI7/Fuliu e ne seguirono la distribuzione con una gamma camera. L’isotopo viaggiò per 30 centimetri lungo il meridiano, mentre, iniettando lo stesso radio isotopo in una zona fuori meridiano, osservarono una distribuzione casuale a raggiera. Negli anni Cinquanta, alcuni esperimenti per la misurazione della risposta galvanica della cute in corrispondenza dei meridiani e dei punti di agopuntura, misero in evidenza la presenza di una conduttura elettrica maggiore a quella di altri punti cutanei. Negli anni Settanta, Robert Becker e Maria Reichmanis dimostrarono che i meridiani dell’antica medicina cinese sono effettivamente attraversati da correnti elettriche. Ciò che differenzia un automa propriamente detto da un dispositivo cibernetico è la capacità di autogoverno di quest’ultimo. Un automa è un meccanismo in grado di riprodurre da sé gruppi di movimenti semplici o complessi, ma che si ripetono in maniera “autistica”, cioè slegati dall’ambiente circostante e sempre identici a se stessi. Un corpo umano può ripetere innumerevoli volte lo stesso movimento, ma, a differenza di oggetti a “circuito chiuso” come gli androidi di Jacquet Drotz, i quali necessitano di membra rigide per compiere le loro azioni, l’essere umano introduce delle variazioni, in velocità, spazio o traiettoria, più o meno grandi nello stesso movimento, variazioni che non ne compromettono tuttavia né la natura né la funzione. E ciò avviene perché, a differenza del meccanismo automa, l’essere umano è biologicamente vivo e interagisce in termini sensori con l’ambiente circostante.
Il programma automatico che detiene le indicazioni specifiche di un certo movimento è in realtà un’ idea platonica priva degli attributi di interattività ambientale e resta perciò congelato nella sua rarefatta immagine ideale. Una sua curiosa rappresentazione
[1] di ciò può essere la forma “quadrata” del taijiquan, e cioè un espediente pensato per spiegare i movimenti ai principianti che mancano di coordinazione. La forma quadrata del taiji serve a rendere chiare le traiettorie e a separare i gesti di gambe e braccia, ma è evidente che soltanto la corretta esecuzione di traiettorie e gesti non basta a rendere il taijiquan un’arte marziale. Per renderla tale occorre l’attivazione del circuito energetico interno, attraverso dumai e renmai da cui si producono i condensati yin yang, che contribuiscono a rendere le tecniche “rotonde” e perciò realmente efficaci.
Robot taiji by Stephen HwaQuando nasce l’uomo è tenero e debole; quando muore, è duro e rigido (forte). I diecimila esseri, piante e alberi, durante la vita sono teneri e fragili; quando muoiono, sono secchi e appassiti. Perché ciò che è duro e rigido (forte) è servo della morte; ciò che è tenero e debole è servo della vita. […]
Dàodéjīng, LXXVI, ed. It. Adelphi 2009
L’essere umano misura il proprio comportamento motorio in base alla condizione ambientale, ed è capace dunque di correggersi, più o meno elasticamente, al variare di tale condizione. Ciò lo rende somigliante ad un dispositivo cibernetico, in quanto a differenza dell’automa, il dispositivo cibernetico è costruito per autoregolare il proprio comportamento sulla base della percezione di segnali esterni.
« L’anima – annota Aristotele nel De anima- muove il corpo secondo ogni differenza di posizione: cioè in su, in giù, in avanti, in dietro, a destra, a sinistra». Altrimenti detto: il corpo è un neuròspaston i cui fili sono tirati dall’anima. E perché? Perché se così non fosse, il corpo si muoverebbe da sé, e se si muovesse da sé, sarebbe sottoposto alla kata tò automatòn anànke: alla necessità che dipende dal caso. Meglio dunque un burattino manovrato dall’anima, che automato guidato dai suoi propri congegni.
Franco Lucentini, Automatopoietica, in almanacco letterario Bompiani 1962, Milano, 1961
Ma, mentre la decodifica umana è un esercizio complesso che si fonda su dati di tipo percettivo e si sviluppa in dati di senso e di rappresentazione, la macchina cibernetica si ferma invece alla decodifica di pochi e precisi segnali per assolvere a compiti unici e definiti, come il controllo termostatico di un luogo chiuso, il montaggio di componenti meccaniche di un’automobile, l’apertura delle porte di un supermercato.
Gran parte delle funzioni sensoriali di adattamento che si vorrebbero trasferite su ordigni meccanici sono già per natura appannaggio dell’essere umano, ne consegue perciò che in una realtà automatizzata, agli esseri umani possano venire affidati i compiti tipici delle macchine. Si inverte così il rapporto tra il manufatto e il costruttore: mentre nell’arte manuale di tipo artigiano ogni pezzo è testimone di una crescita o di una trasformazione della manualità favorita dal pensiero, senza che la funzione del manufatto ne risenta, nella produzione industriale il lavoro manuale necessita di un decadimento dell’intenzione e del pensiero soggettivi, a favore di quella ripetitività oggettiva tipica dei congegni automatici.
Perché non bisogna disconoscerlo: noi siamo automatismo non meno che spirito; e da ciò ne deriva che il mezzo con il quale ci si persuade non è solo la dimostrazione. Quante poche sono le cose dimostrate! Le prove convincono solo lo spirito. L’abitudine rende le nostre prove le più forti e le più credute; predispone l’automa, che trascina l’intelletto senza che esso vi pensi. [...]
Blaise Pascal, Pensées, ed. it. Bompiani, 2000