SVJATOGOR L'ULTIMO TITANO

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SVJATOGOR L'ULTIMO TITANO
« on: September 17, 2010, 20:58:17 pm »
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Il possente Svjatogor era un antico eroe dalla statura gigantesca, che conduceva una vita nomade vagando per la terra. Il suo smisurato orgoglio era destinato ad infrangersi contro una Volontà superiore.

SVJATOGOR



Era, il possente Svjatogor, il più antico e possente dei bogatyri. Veniva, come dice il suo nome, dai Monti Santi. Aveva una statura gigantesca e, in groppa a un cavallo a lui proporzionato, svettava col capo al di sopra delle cime degli alberi più alti.

Svjatogor conduceva una vita nomade ed errabonda, vagando oltre i confini della Santa Rus'.    Dotato di un orgoglio smisurato quanto la sua statura, si dice che camminasse sulle vette dei monti perché l'umida nera terra non poteva sopportare il suo peso.




IL SACCO DEL VIANDANTE



Un giorno Svjatogor asellò il suo cavallo e si diresse nell'aperta ampia steppa. Cavalcando, sentiva la vita fluire vigorosa nelle vene ed avrebbe desiderato poter gareggiare con qualcuno, mettere alla prova la sua forza di bogatyr'. Purtroppo non c'era nessuno in vista ed egli non poté fare a meno di lanciare una sfida orgogliosa:

— Se trovassi un anello conficcato in terra, potrei sollevare il mondo!

Non aveva finito di parlare che vide, lontano davanti a sé, un giovane che procedeva a piedi lungo la strada. Svjatogor pensò di raggiungerlo e spronò il cavallo. Il cavallo accelerò l'andatura, passò al trotto, al galoppo, ma per quanti sforzi facesse, l'uomo era sempre lontano.

— Aj, tu! — gridò Svjatogor. — Aspettami! Perché il mio cavallo non riesce a raggiungerti?

Il viaggiatore si volse, si fermò e attese Svjatogor, appoggiando a terra il sacco che portava in spalla.

— Che cos'hai in quel sacco, amico? — chiese Svjatogor non appena fu accanto al giovane viandante.
— Raccoglilo e guarda tu stesso — replicò l'uomo.

Svjatogor scese da cavallo, afferrò il sacco con una mano e fece per sollevarlo. E subito gli sembrò che il braccio si staccasse dalla spalla, ché il sacco non si mosse da terra. Allora Svjatogor lo afferrò con ambedue le mani ma il sacco pareva inchiodato al suolo. Svjatogor tirò con tanta forza che egli stesso affondò nel terreno fino alle ginocchia. Sul viso gli corsero rivoli di sudore e di sangue, ma il sacco si sollevò quel tanto necessario da potervi passar sotto un capello, non di più.

— Che cosa c'è mai qui dentro? — ansimò Svjatogor. — Ho impiegato tutta la mia forza, ma il sacco non si muove da terra.
— In questo sacco c'è il peso del mondo intero — gli spiegò l'altro. — È come se fosse fissato alla terra con un anello.
— Chi sei tu? — chiese allora Svjatogor. — Come ti chiami?
— Mi chiamo Mikula Seljaninovič — rispose il giovane.


IL CONSIGLIO DI MIKULA

 

Dopo aver fatto amicizia con Mikula Seljaninovič, Svjatogor gli chiese con rispetto: — Mikuljuška, mi sembra che tu conosca molte cose. Sai dirmi come posso sapere quale destino mi è stato riservato da Dio?

— Cavalca diritto fino a che arriverai a un crocevia — rispose Mikula Seljaninovič. — Prendi la biforcazione a sinistra e galoppa a briglia sciolta finché arriverai ai monti del nord. Là, tra le colline, sotto un grande albero c'è una fucina: il fabbro ferraio ti svelerà il tuo destino.


IL FABBRO DEL DESTINO

 


 Svjatogor si congedò da Mikula e cavalcò fino a che non giunse a un crocevia; prese la biforcazione di sinistra e galoppò in direzione delle montagne del nord. Il suo destriero attraversò mari e fiumi, divorò verste su verste, e finalmente, dopo tre giorni, Svjatogor giunse alle montagne del nord.

Là, in una fucina posta sotto un grande albero, Kuznec sud'by, il fabbro del destino, stava forgiando due lunghissimi e sottili capelli d'oro.

— Che cosa fai, fabbro? — chiese Svjatogor.
— Sto forgiando i destini di coloro che si sposeranno — rispose il fabbro.
— E io chi sposerò?
— La tua sposa abita nel Regno Oltre il Mare, nella Città Reale, e per trent'anni ha dormito sopra un letamaio.
— Io non prenderò mai la mia sposa da un letamaio! — gridò Svjatogor.

E, spronato il cavallo, si diresse nel Regno Oltre il Mare, nella Città Reale. Prima di varcare le porte della città, decise di trovare un posto per riposarsi e vide una povera, umile casupola. Entrò, si guardò intorno e, coricata su un mucchio di letame, scorse una fanciulla con la pelle scura e screpolata come la corteccia di un abete. Allora prese cinquecento rubli, li posò sul tavolo, poi afferrò la sua affilatissima spada e la conficcò nel petto della fanciulla. Fatto questo, balzò a cavallo e ripartì.


LA SPOSA DI SVJATOGOR

 

ualche minuto più tardi, la fanciulla si risvegliò e si alzò dal letamaio. La corteccia nera scivolò via dal suo corpo ed essa diventò bella come nessun'altra fanciulla al mondo. Prese il denaro sul tavolo, si recò al mercato e cominciò a commerciare. Quando ebbe ammassato un incalcolabile tesoro, si costruì una flotta di navi, le caricò con ogni sorta di merci preziose e salpò verso terre lontane. Giunta alla grande città sui Monti Santi cominciò a vendere la sua mercanzia, e la fama della sua straordinaria bellezza si sparse per tutto il paese. Anche Svjatogor volle conoscerla, si innamorò di lei, la corteggiò e riuscì a sposarla.

Quando la sera si coricò accanto a lei, notò una cicatrice sul suo petto.   — Cos'è mai questa cicatrice, moglie mia? — le chiese.

E la fanciulla rispose: — Nel Regno Oltre il Mare, nella Città Reale, arrivò un giorno uno straniero. Giunto nell'umile capanna dove per incantesimo io dormivo un lungo sonno sdraiata su un mucchio di letame da ben trent'anni, posò cinquecento rubli sul tavolo e se ne andò. Quando mi svegliai, avevo questa cicatrice sul petto e dal mio corpo era caduta la dura scorza che lo ricopriva, ruvida come corteccia d'abete.

E così Svjatogor, il grande eroe, si rese conto che nessuno può sfuggire al suo destino.

6 - LA MORTE DI SVJATOGOR



 Molte storie si intrecciano su Svjatogor, in molte versioni, ed alcune vogliono che egli sia morto a causa del suo orgoglio smisurato e della sua tracotanza. Altri narrano infatti in maniera tragicamente diversa la leggenda del sacco che conteneva il «peso del mondo intero».

Secondo questa versione, Svjatogor cavalcava un giorno nella nuda pianura. La sua forza di bogatyr' gli scorreva nelle membra con rapidi battiti ed egli la avvertiva, penosa come una gravidanza. Ma nessuno, ahimé, vi era, che potesse metterla alla prova con la sua.

Ed ecco che gonfio di orgoglio Svjatogor esclamò: — Trovatemi i tiranti, solleverò la terra!

Cavalcava per la steppa quando, di traverso sulla via, vide una piccola bisaccia.
Svjatogor fermò il cavallo e, senza scendere di sella, brandì la frusta e la urtò, ma la bisaccia non si mosse.
Allora si chinò da cavallo e la sfiorò col dito: quella non si rivoltò.
La afferrò con la mano: non riuscì a sollevarla!

E disse Svjatogor: — Molti anni cavalcai per le vie del mondo,   e mai trovai simile prodigio, mai vidi uguale portento. Una piccola bisaccia, di traverso sulla via che non si lascia smuovere, né rivoltare, né sollevare!

Allora scese Svjatogor dal buon cavallo, afferrò la bisaccia con due mani e la sollevò con tutte le sue forze. La sollevò fino al ginocchio... ma fino al ginocchio egli era affondato nella terra. Sul bianco volto non scorsero lacrime, ma sangue. Dove Svjatogor affondò, là non restò in piedi. E per lui giunse la fine.

da Bifrost -  http://www.bifrost.it/SLAVI/3.Byliny/03-Svjatogor.html
...Sono il padrone del fuoco e vedo le cose nascoste, vedo la fiamma che si fa tempo, odo il flessibile fuoco del sacrificio sonoro sono un Unuzi, un bimbo davanti al mistero del mondo colmo di timore davanti al Fuoco, che ricompone le cose disperse..Preghiera di uno Sciamano Siberiano.***