Apprendimento fisico.
Io mi metto li, tutto il giorno, a fare il tal movimento, ogni giorno, fino a che non me ne approprio, mi esce naturale e spontaneo, a quel punto mi rendo conto che, nella tal situazione, posso usare proprio quel gesto per venirne fuori, gli trovo una utilità, la fatidica applicazione.
Quello però è ciò che ho capito io, probabilmente non è tutto, tant'è che il mio amico, che faceva la stessa cosa, mi sorprende applicando quel gesto in una situazione diversissima.
Allora mi metto a studiarci su, sperimento, allargo le vedute e le ipotesi.......colgo il principio.
Quando poi insegno il gesto ad un allievo, posso fare due cose, ovvero qello che è stato fatto con me, mettendolo li a fare e rifare il gesto, facendogli fare lo stesso percorso che, chissà cosa produrrà, magari nuove cose o magari nulla, oppure gli insegno il gesto e ciò che "io" ho capito di quel gesto, così lui si fiderà di me, prenderà ciò che è cucito su di me e tenterà di adattarlo a se stesso, ma fidandosi di me, prenderà per buona la mia spiegazione.
In quel modo, rischio di limitare la sua personale possibilità di esplorazione del gesto.
Quando arrivarono in Italia certi maestri dal Giappone, avevano un chiaro limite linguistico, per cui si facevano capire a "mazzate" e per emulazione, questo per ovvia mancanza di vocabolario.
Di fatto però, molti allievi della prima ora, sono oggi punti di riferimento, gente che ha capito e approfondito, pur senza aver avuto il libretto di istruzioni dal maestro.
Può quindi essere che, la crescita dell'insegnamento parlato (sempre più esigenza di moltissimi) abbia circoscritto la possibilità di personalizzazione dei gesti, riducendo la loro possibilità di trovare efficacia.
Le arti marziali sono dei "vestiti su misura", ma non è detto che tutti debbano o possano giungere alle stesse conclusioni o allo stesso livello, sarebbe impensabile.
Il compito di un Maestro è fornire gli strumenti, quello dell'allievo è metterli a frutto, per quel che può, secondo il suo talento e il suo impegno.
Allora forse, non è che l'insegnamento di un tempo fosse a metà, forse è che chi ha imparato è il rsponsabile di quanto ha saputo/voluto imparare e di quanto ha capito di ciò che ha imparato.
Da li a scendere, tutto andrà in proporzione, sugli allievi e sugli allievi degli allievi, ma ci saranno sempre quelli che, facendo certe cose, capiranno determinati concetti su cui poi lavoreranno.
Se io porto il tal attacco al maestro e vado a vuoto, mentre lui fa lo stesso gesto e va a segno, mandandomi a terra, o mi metto a capire cosa faccia lui che non faccio io, oppure passo la mano dicendo a me stesso "non funziona", oppure ancora mi farò dire da lui quei dettagli che per lui, e solo per lui, rendono così efficace quel gesto, perfetto per il suo fisico, il suo carattere e temperamento, inevitabilmente diversi da me.
I pugni si imparano a pugni, un tempo, molto tempo fa, funzionava così, a mazzate, era dell'allievo la responsabilità di capire, copiare, trovare soluzioni, un modo per smettere di prenderle.
Così venivano fuori qelle cose davvero personali, che escono sotto stress, che funzionano.
Oggi non sarebbe possibile, ma bisognerebbe recuperare alcuni concetti, a partire da quello di "apprendimento fisico" o non potremo lamentarci se ci sarà gente che ride di ciò che facciamo.